Posted: Novembre 12th, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri, Cartoline dalla crisi | Tags: conflitto, crisi, donne, gender, protesta | Commenti disabilitati su Cade il governo. Ma io non festeggio!
>> Nota per le ignare e gli ignari. Questo mio post l’ho precedentemente pubblicato su Femminismo a Sud qui, se volete cimentarvi in commenti sarebbe consigliabile farlo lì, così non ci disperdiamo. Tutto qui: buona lettura 😀
Si è dimesso: tutt* a festeggiare, a strimpellare, cantare hallelujah – giusto qualcosa di stampo religioso si addice a cotanto reazionarismo.
Dal popolo viola a forza nuova passando per quell* che parlano di #donnealgoverno (è risaputo che la thatcher fosse una progressista, ah ah ah – sicure che le donne non si possano prestare a disegni patriarcali e capitalistici di oppressione?) la folla si accalca tra palazzo grazioli e palazzo chigi.
Questa folla mi fa schifo. Mi fa ribrezzo chi si vuole liberare del berlusca solo perché va a prostitute e non perché promotore di massacri sociali, non sopporto chi fa l’indignat@ perché la sua verve moralista è rimasta offesa però pretende di farlo in nome di tutte, perchè sentir urlare inneggiamenti al 41bis come se questo fosse una carezza mi fa paura, perché la caccia all’uomo del 15 ottobre me l’ha dimostrato, non posso proprio sopportare che ovunque si tolleri un cane da guardia della finanza in nome dell’unità nazionale e del governo tecnico che ha il sapore di lacrime e sangue con retrogusto di bce accompagnata dallo champagne degli “antiberlusconisti” festanti.
Non gioisco, neanche un po’, non posso gioire.
Non posso gioire perché io non c’ho una lira e francamente non posso permettermelo il vino per ubriacarmi. Non posso gioire perché tanto ora che non c’è più il caimano tra le scatole tutto l’arco parlamentare sarà unanime nelle sue decisioni, nelle riforme che demoliranno quelle tre stronzate di welfare che ci sono rimaste. Non posso gioire perché so matematicamente che finita l’università, se riuscirò a pagarmela, l’università, sarò pure io risucchiata nel vortice del precariato. Non posso gioire perchè chi gioisce guarda un po’ è la stessa gente che sbraita per la sicurezza e per il controllo sociale nei confronti delle donne, delle e dei migranti, cioè tutt* noi: sbraita contro i manifestanti che dovrebbero andare a produrre, per la ripresa del paese, sì, come no, e sopratutto per la ripresa dei bilanci degli industriali: ragione indi per cui la ritengo mia nemica, ergo: fuori dalle ovaie.
Cadesse quel che vi pare. Io non festeggio. Le grandi risate me le farò quando saranno i banchieri e gli usurai ad impiccarsi per la disperazione.
Posted: Ottobre 21st, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri | Tags: crisi, lavoro, protesta | Commenti disabilitati su Qualche dettaglio a margine
Prima provano a mettere il cappello sui movimenti; ma – e c’è un ma – scappa loro il giocattolo di mano, dunque provano a gettare merda su tutti e tutte, bollando chiunque come incappucciat* o black bloc.
Succede dunque che il Corriere dice:
Il governatore Nichi Vendola, a margine della manifestazione della Fiom è stato contestato e strattonato. L’autore del gesto è un uomo di 50 anni che pare non abbia gradito le parole di Vendola riferite ai black bloc dopo gli scontri di piazza San Giovanni. A pochi passi dal sit-in, inscenato dagli iscritti sindacali, il governatore della Puglia è stato attaccato con frasi offensive: «Pezzo di merda. Quelli di sabato non sono barbari, hai capito?», ha detto con furia l’aggressore, «non ti devi permettere di dire che quelli di sabato erano barbari, hai capito?».
Son cose che ti illuminano la giornata 😀
Posted: Ottobre 19th, 2011 | Author: | Filed under: Bizzarrie, mer(d)aviglie, Cartoline dalla crisi | Tags: crisi, media, repressione | Commenti disabilitati su Internazionale divanista
Acchiappata gentilmente da questo blog!
Posted: Ottobre 17th, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri, Cartoline dalla crisi | Tags: crisi, libertà, repressione | Commenti disabilitati su E se non ora, quando?
Black bloc. Il termine con cui i “giornalisti embedded” de noantri ci stanno facendo na capa tanta. Come sempre l’utilizzo ad minchiam di un termine innegabilmente collettivo in accezione individualista borghese come se una persona potesse essere un blocco. Delirante.
Fanno schifo questi infami, questi delatori, forcaioli da quattro soldi, che non sanno più dove sbattere la testa e allora cercano il nemico da “smascherare” in ragazzi e ragazze coi caschi: ma lo sanno che i caschi sono per non farsi sfracellare la testolina dai simpaticoni in divisa? Complimentoni a tutti i leoni da tastiera, quelli che esaltano le rivolte in tutta la galassia ma quando ce l’hanno sotto casa sbraitano per il bmw o il suv graffiato. Tutto e il contrario di tutto a parole, ma quando si passa ai fatti, et voilà, arriva il nonnino politichese che ti insegna come ci si ribella, educatamente però, perché per chi politicamente specula sui fiumi in piena delle proteste l’assalto ai potenti quando si trasforma in qualcosa che sicuramente è tutto fuorché mediazione, ormai non è più spendibile sul proprio curriculum paraistituzionale quando non pienamente istituzionale.
In certi contesti, la dialettica del “sanpietrino” è prevedibile e sicuramente non biasimabile, e quando si concretizza il nulla totale profetizzato e urlato dai cantanti punk da trent’anni ad oggi: no future, no fun, no feelings, probabilmente inevitabile. Niente futuro, nessun divertimento vero, nessuna autentica emozione. La rabbia sopperisce a tutte e tre le necessità in questione, e la rabbia in cosa si dimostra? fiorellini? baci e abbracci? passeggiate sul lungomare di Fregene?
La rabbia è di per sè violenta e allora non prendiamoci in giro, se dobbiamo essere arrabbiati arrabbiamoci davvero: ma forse questo rovina la campagna elettorale a Vendola; oppure sporca la reputazione a Casarini, o toglie la capacità di fare accordi sulla pelle altrui ai sindacati. L’indignazione è cosa per i sinistroidi malaticci con l’abbonamento a Repubblica – o forse dovrei dire Repubblichina?, dalle bandiere sbiadite ormai gettate via assieme a ogni garantismo e sostituite, nell’opera di sventolamento, dal feticcio della legalità.
Ciò che ci opprime però è perfettamente legale, come la violenza, quella poliziesca, ad esempio. Sorge (e insorge) qualche dubbio, allora, e nel dubbio, quindi, che il conflitto si generalizzi, dalle piazze alle strade della quotidianità di questo merdoso mondo autoritario e capitalistico .
E’ il vostro Gandhi a dire che la violenza è sempre preferibile all’impotenza..e se la violenza delle idee e della crisi, fanno bruciare i palazzi e le piazze, non è problema mio e neanche nostro e oserei dire che non è proprio un problema.
Se non ora, quando?
Posted: Settembre 22nd, 2011 | Author: | Filed under: Cartoline dalla crisi | Tags: crisi, libertà, rivolta | Commenti disabilitati su Obbedienza l’è morta
Un testo trovato in giro, comparso in seguito all’occupazione del teatro dell’Opera, in Grecia, mantenuta per diversi giorni…
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Prima tutto era “ben” collocato.
Gli affamati in Africa. Gli “specialisti” nella televisione. I “cattivi” in prigione. Gli “anarchici” a Exarchia. Quelli che prendono le decisioni in Parlamento. Il nostro denaro ipotecato. La polizia ad ogni incrocio. Le nostre case alle banche. I nostri nemici in Turchia e in Macedonia. I nostri parcheggi al posto dei parchi.
Il nostro divertimento nei bar. I nostri figli nei collegi. I nostri amici su Facebook. L’arte nei musei e nelle gallerie. I nostri desideri nella pubblicità. I nostri alberi di Natale nella piazza del Parlamento. La bellezza nei centri estetici. L’amore solo il 14 Febbraio.
Noi, chiusi tra quattro mura.
Ora l’obbedienza è morta, inizia la magia.
Gli affamati nel Parlamento, gli specialisti a Exarchia, i cattivi nei centri estetici, gli anarchici pure nei musei e nelle gallerie, quelli che prendono decisioni solo il 14 Febbraio, la polizia in Africa, le nostre case nei parchi, i nostri nemici su Facebook, i parcheggi nelle banche.
Il nostro divertimento nei collegi, i nostri figli nei bar, i nostri desideri ad ogni incrocio, la nostra arte nelle ipoteche (non pagheremo).
I nostri alberi nelle strade.
La bellezza nelle strade.
L’amore nelle strade.
E noi?
Tra quattro mura?
i figli bastardi di Dicembre
Posted: Settembre 8th, 2011 | Author: | Filed under: Cartoline dalla crisi | Tags: crisi, libertà, rivolta | Commenti disabilitati su Cartoline dalla crisi #1
Et voilà la prima cartolina!
Sono i primi giorni di settembre e i residui di “callara romana” si fanno ancora ampiamente sentire. Due giorni fa ho partecipato allo sciopero CGIL contro il quale sono stati lanciati numerosi anatemi. Ovviamente non ho manifestato insieme alla Camusso, quella stessa che tempo fa caldeggiava l’alleanza con la Marcegaglia contro quel rifiuto umano di Marchionne.
Sono andata all’appuntamento dei sindacati di base, che certamente non amo alla follia, ma con i quali sicuramente c’è molta più affinità che con i cigiellini.
Di questo appuntamento non ne ha parlato nessuno, perché la stampa tutta si è concentrata sull’enfatizzazione della marcetta a suon di Bella ciao.
No, non c’è stato solo questo. C’era un’altro corteo. Con altre parole d’ordine, altri gesti, altre persone, e altro sentimento, e che soprattutto ha chiarito tra un lancio di uova e vernice e l’altro, un concetto: il debito è vostro, e noi la crisi non la vogliamo pagare.
Fanno da trent’anni tagli al welfare per poi dirci che il welfare è eccessivo, alzano l’IVA “per non alzare le tasse” (e l’IVA cos’è, una marca di biscotti?) e pretendono pure di affibbiarci il peso sociale della restaurazione del loro sistema ingolfato che sta inevitabilmente collassando su sè stesso.
Anche coloro che dovrebbero essere tendenzialmente “con me” li sento parlare con termini talmente lontani dalla mia vita che non posso fidarmi di loro: non mi importa una mazza della sovranità monetaria, perché il default che tanto temono banche e padroncelli in ogni salsa, è la nostra liberazione: non abbiamo bisogno di un esistente che ci lega indissolubilmente a singoli ruoli, lavori, catene, non ce ne facciamo un bel niente di tutto ciò.
Non mi importa della sovranità monetaria, non mi importa della sovranità!
Voglio un mondo libero, di eguali, di libertà di disporre dei propri corpi, della libera circolazione di questi senza confini, galere; condivisione di beni e saperi.
Di crisi ne esiste una sola: è la crisi di nervi. Vi attanaglia non appena pensate: guadagnerò di meno, e vi coglierà del tutto impreparati quando ci vedrete in piazza con la rabbia vera, mica l’indignazione in giacca e cravatta sempre pronta a puntare il dito.
Tutto questo è solo l’inizio.