Appunti di dicembre

Posted: Dicembre 6th, 2011 | Author: | Filed under: Acidume, sarcasmi e humour, Comunicati svampa e random facts | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su Appunti di dicembre
  1. Forse, e dico forse, le circostante faranno sì che mi espropriano ‘sto netbook qui e mi fanno approdare su un altro netbook.
  2. Non è arrivato manco l’ottodicembre che già non ne posso più.
    Maledetta isteria collettiva natalomane.
  3. Santa claus, babbo natale, pincopallino. Chiamatelo come vi pare ma è  e rimane un concetto assolutamente patriarcal-capitalistico: quel pezzo di merda porta i regali solo se fai la brava e vai bene a scuola. Poi cresci e scopri che l’unico modo per avere “regali” è dire simpre sì, fare la brava (ancora!), essere produttiva. Mannaggia san carlo quello delle patatine.

A tutte le violente: un urlo di sorellanza!

Posted: Ottobre 18th, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri, Gender e LGBTIQ | Tags: , , , | Commenti disabilitati su A tutte le violente: un urlo di sorellanza!

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Lo dicono: non se l’aspettavano.

Ci chiamano cattive.
Ci chiamano figlie della “buona borghesia” pure quando siamo figlie di operai, di casalinghe, o viceversa; perché è sempre molto bello rispolverare Pasolini, specie quando c’è sulla scena un conflitto sociale che non si può cavalcare con attrici e attori che non si sentono rappresentate/i da nessun burattinaio.

Lo sappiamo che “le donne hanno sempre avuto un ruolo nelle guerre, in tutte le guerre” dice Paola di Caro nel suo articolo qui.

Beh, non siamo mica figure sempre eteree, idilliache, dolci, disponibili, tranquille, asservite…quanto ci si agita di fronte alla violenza femminile quando questa  non agisce in un modo o nell’altro in funzione del patriarcato!

Ebbene sì, collettivamente spostiamo cassonetti in mezzo alla strada e meniamo le mani quando e se c’è da farlo. Perchè sì, vogliamo rivoltarci senza essere considerate delle pazze furiose e vogliamo pure sottrarci alla ‘violenza’  verso il potere, quando questa è mera dimostrazione di machismo, senza dover apportare nessuna  giustificazione, nè ai compagni nè a nessun’altro.

Perché ruoli non ne vogliamo, siamo stanche di  essere incasellate,   stufe di essere tutte in competizione con tutte, perché vogliamo poter fare quello che ci pare, perché non ci interessa essere le paladine, non ci interessa essere mamme  modello,veline, e non ci interessa essere le prime della classe, non ci interessa raggiungere i primi posti della ragione – preferiamo quelli in fondo, del torto, dove si fa casino e il vociare rende inascoltabile i professori – si chiamino essi insegnanti,  politici, economisti o intellettuali – che richiamano al silenzio, a quell’ordine che è morto dentro e non lo sa.

Ri-bellissime di tutto il globo: costruiamo sorellanze, cultura, conflitto!

 

 


E se non ora, quando?

Posted: Ottobre 17th, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri, Cartoline dalla crisi | Tags: , , | Commenti disabilitati su E se non ora, quando?

Black bloc. Il termine con cui i “giornalisti embedded” de noantri ci stanno facendo na capa tanta. Come sempre l’utilizzo ad minchiam di  un termine innegabilmente collettivo in accezione individualista borghese come se una persona potesse essere un blocco. Delirante.

Fanno schifo questi infami, questi delatori, forcaioli da quattro soldi,  che non sanno più dove sbattere la testa e allora cercano il nemico da “smascherare” in ragazzi e ragazze coi caschi: ma lo sanno che i caschi sono per non farsi sfracellare la testolina dai simpaticoni in divisa? Complimentoni a tutti i leoni da tastiera, quelli che esaltano le rivolte in tutta la galassia ma quando ce l’hanno sotto casa sbraitano per il bmw  o il suv graffiato. Tutto e il contrario di tutto a parole, ma quando si passa ai fatti,  et voilà, arriva il nonnino politichese che ti insegna come ci si ribella, educatamente però, perché per chi politicamente specula  sui fiumi in piena delle proteste l’assalto ai potenti quando si trasforma in qualcosa che sicuramente è tutto fuorché mediazione, ormai non è  più spendibile sul proprio curriculum paraistituzionale quando non pienamente istituzionale.

In certi contesti, la dialettica del “sanpietrino” è prevedibile e sicuramente non biasimabile, e quando si concretizza il nulla totale profetizzato e urlato dai cantanti punk da trent’anni ad oggi: no future, no fun, no feelings, probabilmente inevitabile. Niente futuro, nessun divertimento vero, nessuna autentica  emozione.  La rabbia sopperisce a tutte e tre le necessità in questione, e la rabbia in cosa si dimostra? fiorellini? baci e abbracci? passeggiate sul lungomare di Fregene?

La rabbia è di per sè violenta e allora non prendiamoci in giro, se dobbiamo essere arrabbiati arrabbiamoci davvero: ma forse questo rovina la campagna elettorale a Vendola; oppure sporca la reputazione a Casarini, o toglie la capacità di fare accordi sulla pelle altrui ai sindacati. L’indignazione è cosa per i sinistroidi malaticci con l’abbonamento a Repubblica – o forse dovrei dire Repubblichina?, dalle bandiere sbiadite ormai gettate via assieme a ogni garantismo e  sostituite, nell’opera di sventolamento, dal feticcio della legalità.

Ciò che ci opprime però è perfettamente legale, come la violenza, quella poliziesca, ad esempio. Sorge (e insorge) qualche dubbio, allora, e nel dubbio, quindi, che il conflitto si generalizzi, dalle piazze alle strade della quotidianità di questo merdoso mondo autoritario e capitalistico .

E’ il vostro Gandhi a dire che la violenza è sempre preferibile all’impotenza..e se la violenza delle idee e  della crisi, fanno bruciare i palazzi e le piazze, non è problema mio e neanche nostro e oserei dire che non è proprio un problema.

Se non ora, quando?


Perché abbandonare Facebook e utilizzare Diaspora*

Posted: Ottobre 2nd, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri, Gender e LGBTIQ | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su Perché abbandonare Facebook e utilizzare Diaspora*

Tre ottime ragioni per non iscriversi a Facebook.

1) Facebook ti vende. In tutti i sensi. Di solito quando un servizio è gratis è perchè il prodotto sei TU. Quale senso ha dare tutti i propri dati personali e autoschedarsi su Facebook giusto per condividere le solite quattro stronzate coi soliti quattro amici deficienti? I dati una volta finiti sui database rimangono proprietà di Facebook e non sei nemmeno sicur@ che vengano eliminati, prima o poi, definitivamente. Su Diaspora* è tutto il contrario, e quantomeno non diventi strumento di marketing per far iscrivere sedicenni metallari o giovani fan dei peggiori anime giapponesi. Io non mi sento di essere paragonata a una scatola di biscotti, pardon.

2) Diaspora* è QUEER! Altro che la binarietà “uomo/donna” dello strumento demoniaco di  quello stronzetto borghese di Zuckenberg, il campo “gender” è vuoto e ci puoi mettere quello che ti pare. Facebook è discriminatorio.  Queer-activists, che diamine aspettate a materializzarvi su D* ?

3)  Controlla la tua vita, dio-3-in-1-e-in-offerta-speciale.  Su Facebook puoi decidere selettivamente con chi condividere determinati contenuti e con chi no? Con Diaspora* puoi.

4) Nè ban nè amministratori! Lo spettro della segnalazione si aggirava su Facebook, su Diaspora* no. Perché quest’ultimo non è strutturato in maniera gerarchica e condividi ciò che vuoi con chi ti pare e non appena arriva la rottura di scatole basta disattivare la condivisione dei tuoi contenuti con il personaggio che rompe.


Obbedienza l’è morta

Posted: Settembre 22nd, 2011 | Author: | Filed under: Cartoline dalla crisi | Tags: , , | Commenti disabilitati su Obbedienza l’è morta

 

Un testo trovato in giro, comparso in seguito all’occupazione del teatro dell’Opera, in Grecia, mantenuta per diversi giorni…

***

Prima tutto era “ben” collocato.

Gli affamati in Africa. Gli “specialisti” nella televisione. I “cattivi” in prigione. Gli “anarchici” a Exarchia. Quelli che prendono le decisioni in Parlamento. Il nostro denaro ipotecato. La polizia ad ogni incrocio. Le nostre case alle banche. I nostri nemici in Turchia e in Macedonia. I nostri parcheggi al posto dei parchi.

Il nostro divertimento nei bar. I nostri figli nei collegi. I nostri amici su Facebook. L’arte nei musei e nelle gallerie. I nostri desideri nella pubblicità. I nostri alberi di Natale nella piazza del Parlamento. La bellezza nei centri estetici. L’amore solo il 14 Febbraio.

Noi, chiusi tra quattro mura.

Ora l’obbedienza è morta, inizia la magia.

Gli affamati nel Parlamento, gli specialisti a Exarchia, i cattivi nei centri estetici, gli anarchici pure nei musei e nelle gallerie, quelli che prendono decisioni solo il 14 Febbraio, la polizia in Africa, le nostre case nei parchi, i nostri nemici su Facebook, i parcheggi nelle banche.

Il nostro divertimento nei collegi, i nostri figli nei bar, i nostri desideri ad ogni incrocio, la nostra arte nelle ipoteche (non pagheremo).

I nostri alberi nelle strade.

La bellezza nelle strade.

L’amore nelle strade.

E noi?

Tra quattro mura?

i figli bastardi di Dicembre


Lampedusa brucia

Posted: Settembre 20th, 2011 | Author: | Filed under: Analisi, considerazioni e deliri | Tags: , , , | Commenti disabilitati su Lampedusa brucia

Mesi fa le/i migranti radevano al suolo Gradisca. Da allora ad oggi, è successo un po’ di tutto, tra rivolte ed evasioni. Come sempre, mi mobilito con composta impazienza affinchè non esista più anche un solo lager: “..noi sull’ isola in cento come un unico gruppo cantavamo nel vento, la libertà, e non si deve sapere, non si può raccontare, la dignità è in cammino e oggi viene dal mare..”


 


Cartoline dalla crisi #1

Posted: Settembre 8th, 2011 | Author: | Filed under: Cartoline dalla crisi | Tags: , , | Commenti disabilitati su Cartoline dalla crisi #1

Et voilà la prima cartolina!

Sono i primi giorni di settembre e i residui di “callara romana” si fanno ancora ampiamente sentire. Due giorni fa ho partecipato allo sciopero CGIL contro il quale sono stati lanciati numerosi anatemi. Ovviamente non ho manifestato insieme alla Camusso, quella stessa che tempo fa caldeggiava l’alleanza con la Marcegaglia contro quel rifiuto umano di Marchionne.

Sono andata all’appuntamento dei sindacati di base, che certamente non amo alla follia, ma con i quali sicuramente c’è molta più affinità che con i cigiellini.
Di questo appuntamento non ne ha parlato nessuno, perché la stampa tutta  si è concentrata sull’enfatizzazione della marcetta a suon di Bella ciao.

No, non c’è stato solo questo.  C’era un’altro corteo. Con altre parole d’ordine, altri gesti, altre persone, e altro sentimento, e che soprattutto ha chiarito tra un lancio di uova e vernice e l’altro,  un concetto:  il debito è vostro, e noi la crisi non la vogliamo pagare.

Fanno da trent’anni tagli al welfare per poi dirci che il welfare è eccessivo, alzano l’IVA “per non alzare le tasse”  (e l’IVA cos’è, una marca di biscotti?) e pretendono pure di affibbiarci il peso sociale della restaurazione del loro sistema ingolfato che sta inevitabilmente collassando su sè stesso.

Anche coloro che dovrebbero essere tendenzialmente “con me” li sento parlare con termini talmente lontani dalla mia vita che non posso fidarmi di loro: non mi importa una mazza della sovranità monetaria, perché il default che tanto temono banche e padroncelli in ogni salsa,  è la nostra liberazione: non abbiamo bisogno di un esistente che ci lega indissolubilmente a singoli ruoli, lavori, catene, non ce ne facciamo un bel niente di tutto ciò.

Non mi importa della sovranità monetaria, non mi importa della sovranità!
Voglio un mondo libero, di eguali, di libertà di disporre dei propri corpi, della libera circolazione di questi senza confini, galere;  condivisione di beni e saperi.

Di crisi ne esiste una sola: è la crisi di nervi.  Vi attanaglia non appena pensate: guadagnerò di meno, e vi coglierà del tutto impreparati quando ci vedrete in piazza con la rabbia vera, mica l’indignazione in giacca e cravatta sempre pronta a puntare il dito.

Tutto questo è solo l’inizio.